Dopo oltre un anno dalla comparsa del Coronavirus che genere l’infezione da Covid-19, l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha pubblicato uno studio clinico intitolato: “Surviving COVID-19 in Bergamo Province: a post-acute outpatient re-evaluation” che prende in considerazione 1562 pazienti  colpiti da SARAS-CoV-2 fra Febbraio e Agosto 2020, transitati dall’Ospedale di Bergamo, da quello di San Giovanni Bianco e dal Presidio Medico Avanzato alla Fiera di Bergamo.

LA SINDROME POST COVID-19

Lo studio, pubblicato su Epidemiology & Infection, valuta i primi 767 pazienti del campione analizzato che al 31 Luglio 2020 avevano completato la valutazione post-dimissione e mostra come 1 su 2 ha ancora sintomi quali affaticamento, dispnea da sforzo e palpitazioni. Le donne in particolare riferiscono uno stato di stanchezza con una frequenza quasi doppia rispetto agli uomini. Una minima parte è ancora incapace di svolgere le normali attività, di lavorare e ha perso l’indipendenza o addirittura, in pochi casi, non è più autosufficiente.

Importanti gli esiti a livello psicologico, con il 30% ancora alle prese con aspetti traumatici correlati a Covid-19 e, per la stragrande maggioranza di loro, con risorse personali non sufficienti per reagire.

La Società Italiana di medicina fisica e riabilitativa, in collaborazione con la Clinica di neuroriabilitazione degli Ospedali Riuniti di Ancona, evidenzia come nei soggetti in fase di remissione possono persistere sintomi quali:

  • dispnea per sforzi modesti
  • vertigini e instabilità posturale
  • dolore
  • ansia

e, più in generale, una severa sindrome da decondizionamento.

Per decondizionamento fisico si intende la riduzione o la compromissione delle funzioni di certe parti del corpo o del corpo stesso in seguito ad una forzata inattività dovuta a malattie, patologie o infortuni.

A seguito di tale stato si rende quindi necessario un percorso di ricondizionamento fisico che consiste in un programma personalizzato strutturato appositamente al fine di permettere alla persona di tornare, e possibilmente di superare, il suo livello originario di forza, resistenza, potenza, mobilità e attività fisica in generale.

Nell’infezione da Coronavirus l’insieme dei sintomi è suscettibile di interferire a lungo con la ripresa dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana e indurre rischi di complicanze durante la normali mansioni giornaliere.

ESTRATTO DELLA PUBBLICAZIONE “Surviving COVID-19 in Bergamo Province: a post-acute outpatient re-evaluation

Dei 767 pazienti presi in considerazione:

394 (51,4%) sono stati i pazienti che hanno riferito di essere ancora sintomatici al momento della valutazione. Affaticamento, dispnea da sforzo e palpitazioni i principali sintomi riferiti. Sono ben 341 i pazienti (44,1%) che lamentano ancora affaticamento, di cui 145 quelli con affaticamento di grado moderato o grave. Le donne sono più sintomatiche e sofferenti degli uomini e riferiscono stanchezza con una frequenza doppia rispetto agli uomini. La dispnea auto-segnalata è presente in 228 pazienti (29,8%), di cui 52 con dispnea moderata o grave.

Le prove di funzionalità respiratoria sono risultate patologiche nel 19% dei casi.
121 pazienti3 (16%) hanno perso indipendenza, anche se solo 6 di loro sono diventati moderatamente-gravemente dipendenti dagli altri. 13 pazienti4 (1,8%) non riescono ancora a svolgere le normali attività e lavorare e 186 pazienti (24,2%) prendono ancora i farmaci introdotti durante il ricovero, con gli anticoagulanti tra i farmaci più frequenti.

379 pazienti (49,4%) sono stati indirizzati a percorsi specialistici di cura nelle seguenti specialità: medicina respiratoria (281 pazienti; 36,6%), cardiologia (63; 8,2%), medicina fisica e riabilitazione (62; 8%) e neurologia (52; 6,8% ).

222 pazienti5 (30,5%) convivono ancora con sentimenti traumatici correlati a COVID-19 e la quasi totalità6 (679 – 95,5%) non trova il modo di reagire in modo autonomo  adeguato all’accaduto.

FONTE: www.asst-pg23.it/2021/01/